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Se state meditando di cambiare i vostri vetri nei serramenti o infissi oppure l’avete già fatto e siete curiosi di capire meglio quale materiali siano stati effettivamente utilizzati nel processo produttivo, esistono delle apposite sigle commerciali che descrivono caratteristiche e molto altro, scopriamole insieme.

Come si traduce la sigla di un vetro negli infissi?

Se osservate bene la struttura del vetro inserito negli infissi, molto probabilmente noterete dei numeri e lettere tra le fessure oppure messi di taglio, altrimenti posti sulla base del vetro. Si tratta di una serie di codici che, in caso non siate “del mestiere”, risulterebbero veramente complessi e impossibili da decifrare.

Questi codici si trovano, per altro, anche nelle schede tecniche degli infissi installati e quindi dovrebbero rappresentare la normale dotazione al cliente finale da parte dell’installatore, così da permettergli di essere a conoscenza della tipologia di vetro montato. Questo serve soprattutto nel caso che, dopo una rottura, questi vada sostituito o riparato.

Un vetrocamera standardizzato, che rispetti tutte le normative su scambio termico e sia quindi anche adatta ad essere inserita tra i materiali previsti dalle agevolazioni fiscali da risparmio energetico, è per esempio codificata con un astruso 33-16ARVE-33BE0.

I trattini (o spesso anche gli slash, ovvero questo segno: / ) servono a suddividere le componenti e le loro singole caratteristiche che compongono il vetrocamera. In caso esistano due tratti o due slash, il significato è che ci troviamo di fronte a un doppio vetro (o doppio vetrocamera) formato da vetro, una intercapedine centrale e un altro vetro secondario a rinforzo. Nel caso siano addirittura presenti tre slash o trattini siamo davanti a un vetro triplo, formato da un primo vetro, una intercapedine, un vetro centrale, una seconda intercapedine e infine un terzo vetro a chiusura del prodotto.

Cosa significano i numeri?

Nel caso specifico siamo davanti al numero 33 iniziale. Si riferisce ovviamente alla prima parte, cioè il primo vetro della facciata esterna che è a diretto contatto con l’ambiente esterno e l’aria. Il numero 33 rappresenta una tipologia di vetro stratificato da 3 millimetri per elemento, ovvero la presenza di due vetri da 3 millimetri incollati tra loro (quindi 3-3). Nelle descrizioni più accurate viene segnalato come 33.1, laddove la specifica .1 rappresenta la colla necessaria ad attaccare i due strati, ma spesso questo dettaglio viene omesso perché meno importante del resto.

La colla è comunque un elemento importante perché serve, in caso di rottura del vetro, a tenere gli elementi incollati tra loro ed evitare pericolosi infortuni da taglio. Inoltre, questa aumenta sensibilmente anche la resistenza meccanica dello stesso. Aumentando lo spessore e gli strati i vetri possono diventare anti-effrazione o addirittura anti-proiettile in quelli più resistenti.

Sigla nel vetro, come viene decifrata

Continuando nella decifrazione della sigla, troviamo la dicitura 16 ARVE. Questa parte indica la composizione della parte “di mezzo” del vetro, rappresentando la distanza tra i due vetri in millimetri e la presenza di un materiale di riempimento.

AR sta per gas argon, inserito tra i vetri per incrementare in modo significativo l’isolamento termico. VE invece rappresenta il distanziatore di tipo worm edge, ovvero il cosiddetto “canalino”, chiamato così dagli addetti ai lavori in modo informale. Il canalino è la componente del vetro che serve a tenere distanziati i due strati , aumentando anche le prestazioni generali di resistenza e isolamento termico/acustico.

Concludendo la nostra analisi troviamo il codice 33BE0. Il primo numero, in modo similare al primo esempio fatto, rappresenta un vetro stratificato composto da due elementi da 3 millimetri incollati tra di loro con PVB. La sigla BE0, invece, sta per vetro basso emissivo di tipo zero, ovvero un vetro che sottoposto a un particolare trattamento chimico riesce a deviare in modo significativo i raggi infrarossi, contribuendo ad aumentare l’isolamento termico.